di Dafni Ruscetta.
Doverosa premessa: non sono un sostenitore dei 5 Stelle. Sulla questione “Salvini & Diciotti” mi sembra tuttavia che si stiano preparando per giocare la ‘partita’ decisiva. Mi riferisco, in particolar modo, alla strategia politica dei pentastellati, che da questo punto di vista si stanno rivelando i veri maestri dell’“orchestra” mediatica del nuovo potere. Forse presentano deficit di competenza sulle scelte concrete, ma sul versante della strategia e della comunicazione stanno facendo scuola.
Sul caso della Diciotti, è vero, Salvini – in difficoltà di fronte all’ipotesi di decadenza dell’immunità parlamentare – all’ultimo momento ha incassato il sostegno dei vertici del governo; ma potrebbe trattarsi, verosimilmente, di una tattica da parte dei grillini per confondere il possibile futuro avversario, per fargli credere che non vi siano alternative a un governo giallo-verde e che, da alleati, l’eventuale ‘caduta’ dell’esecutivo di fronte a una potenziale defezione sarebbe una sciagura.
Nella realtà è invece probabile che i 5 Stelle si stiano sfregando le mani, che stiano già pensando alla data di nuove e imminenti elezioni politiche e, di conseguenza, che si preparino a firmare la ‘condanna’ al leader padano, facendo pendere l’ago della bilancia a favore della giudicabilità del ministro.
E’ possibile che i fini strateghi della comunicazione abbiano già pronto il piano: votare ‘sì’ in commissione al Senato per ricordare ai propri elettori (soprattutto a quelli delusi che nel frattempo hanno strizzato l’occhio alla Lega) che il M5S è fedele alla linea che lo contraddistingue da anni sull’immunità in Parlamento. Il Movimento 5 Stelle avrebbe così la sua occasione storica per affermarsi quale partito leader dello scenario politico in Italia per i prossimi anni.
Quale migliore occasione, infatti, per prendere definitivamente le distanze da chi, su diversi argomenti, esprime una linea politica decisamente lontana da quella del Movimento (su immigrazione e diritti civili, sicurezza, legalizzazione della cannabis, autonomie regionali, redistribuzione della ricchezza, grandi opere etc.)?
Quale miglior pretesto per liberarsi di un alleato scomodo, su cui già troppe volte ci si è turati il naso, per recuperare quella parte di elettorato che quest’ultimo gli ha sottratto recentemente grazie al proprio protagonismo mediatico e al decisionismo un po’ ‘brutale’?
La sola processabilità di Salvini, infatti, farebbe nuovamente guadagnare terreno (e voti presso l’elettorato più moderato) a Di Maio & co. Una eventuale (probabile) condanna per i reati contestati, poi, farebbe definitivamente uscire di scena il leghista. In una simile ipotesi per il M5S si aprirebbe una prateria sterminata di consensi di fronte all’inesistenza di alternative reali, a destra e a sinistra.
In aggiunta, dopo la recente approvazione del reddito di cittadinanza e di ‘quota 100’ per le pensioni, la percezione del Movimento come unica realtà in grado di fare gli interessi dei più deboli sarebbe amplificata e le conseguenze sul voto immediate, nell’ottica del rovesciamento definitivo della famigerata ‘casta’.
Un probabile piano da ‘exit strategy’ del Movimento, inoltre, è nell’aria da diverso tempo, con prese di posizione ufficiali e meno ufficiali, da parte di esponenti eletti a vari livelli e su molti temi, che fanno pensare a un progetto di comunicazione appositamente studiato per restare visibilmente lontani – e riconoscibili in quanto diversi – rispetto all’attuale alleato.
I 5 Stelle, ancora una volta, porterebbero a casa i due punti, realizzando uno scacco matto. E questa volta in maniera decisiva.