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Lo scambio di e-mail e commenti che qui trascriviamo espone una discussione che si è sviluppata in occasione della nascita di un circolo di Alternativa.
Un gruppo ha immediatamente posto discriminanti in favore di un approccio metodologico comunista.
La discussione si è accartocciata in una forma che rischia di replicarsi in altre circostanze.
Giulietto Chiesa e Pino Cabras scrivono contestando il vicolo cieco delle chiusure ideologiche.
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Un incontro a Pisa
di Walter Moretti
Cari tutti,
a nome di Stefania Corucci (la nostra coordinatrice regionale) – che in questi giorni è fuori e non può scrivere e-mail – vi faccio il resoconto dell”incontro di giovedì 27 maggio a Pisa.
Oltre ad Alessandro La Monica, Stefania Corucci, Fabio Bentivoglio ed io, già membri di Alternativa sin dalla nascita e fondatori del “gruppo Toscana”, si sono presentati all”incontro dei nuovi iscritti (qualcuno proveniente anche da molto lontano, come Paolo Dadà ), anche un gruppo di militanti del Circolo Tognetti di Rifondazione Comunista di Pisa (che sono tra i destinatari di questa e-mail).
La coordinatrice aveva preparato per l”occasione una piccola introduzione e un generico ordine del giorno per stabilire alcune cose fondamentali come l”autofinanziamento, come formare i gruppi cittadini e altre questioni di carattere meramente organizzativo, oltre alle normali presentazioni per capire le eventuali competenze specifiche di ciascuno di noi.
Il risultato è stato il seguente: grazie agli interventi dei nuovi iscritti del Circolo Tognetti, abbiamo passato 3 ore a discutere della necessità o meno della prospettiva comunista, della necessaria presa del potere da parte del proletariato ed altre baggianate di questo genere!
La cosa è stata deprimente! Più che altro per quelli che sono venuti da molto lontano, con molti sacrifici e chilometri di automobile!
Questa, secondo noi, è una questione di fondamentale importanza che sarà bene chiarire sin da ora ed una volta per tutte: chi non accetta il manifesto fondativo di Alternativa (che si può leggere qui), chi non condivide nella sostanza le tesi sostenute nei testi di Bontempelli e Badiale cui ha fatto riferimento G. Chiesa e che allego nella presente, farebbe bene a orientare il suo impegno militante verso partiti o organizzazioni affini alle proprie convinzioni.
Nel caso della riunione in oggetto le cose sono due: o i militanti del Tognetti non hanno mai letto i testi in questione (e questa è la migliore delle ipotesi), o li hanno letti e scientemente hanno deciso di cercare di convincere tutti gli altri dell”erroneità di tali testi e della necessità di abbracciare la causa del comunismo. In entrambi i casi sbagliano!
Come già sostenuto nel manifesto fondativo, nessuno è tenuto ad abiurare la propria storia.
Il punto dirimente è un altro: Alternativa nasce proprio perché ritiene che quella storia (da cui vengono molti dei suoi simpatizzanti) non disponga più dell”alfabeto necessario per leggere la realtà di oggi.
Simboli, linguaggio, e progetto di società elaborati dalla cultura comunista non sono e non possono essere oggi l”alternativa alla forma attuale del capitalismo. Può essere anche una valutazione sbagliata: ma questa è, e sopratutto non è negoziabile.
Amici come prima, ma ad una condizione: chi intende continuare a professare il comunismo come unica alternativa all”attuale società è logico che militi in una delle molteplici formazioni comuniste esistenti o, se crede, fondarne una nuova.
Pretendere di partecipare – da comunista o da militante di sinistra – alla fondazione di una nuova forza politica che ha come primo punto (e sottolineo 1°) Alternativa non è un movimento comunista e nemmeno di sinistra, è profondamente scorretto, sia dal punto di vista politico che dell”onestà intellettuale.
Questa e-mail ha come destinatari tutti gli iscritti della Toscana, ivi compresi i suddetti militanti comunisti.
Questo perché sia chiaro che nessuno intende selezionare personalmente chi può e chi non può partecipare ad Alternativa, ma sia una questione affrontata e condivisa da tutti alla luce del sole. Oltre a questi verrà spedita, per conoscenza, anche a Fabrizio Tringali, responsabile e coordinatore nazionale dei gruppi regionali. Inoltre, appena possibile, verrà fatto presente questo problema anche sul forum nazionale, perché riteniamo sia questione che dovrà essere risolta anche dagli altri gruppi regionali.
Mi rivolgo a tutti quegli iscritti che non hanno partecipato a questo infelice incontro e più che altro a quelli che hanno partecipato e che sono andati via delusi e sconsolati: non mollate per nessuna ragione! Questi sono incidenti di percorso assolutamente normali per una forza come Alternativa che intende essere “antisistema”e allo stesso tempo tirarsi fuori dagli schemi storici della destra e della sinistra, e che non ha ancora un”identità ben chiara e definita.
Un saluto a tutti
Walter Moretti
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PS: oltre ai documenti allegati, vi invio anche questo collegamento ad un altro fondamentale testo di Bontempelli e Badiale pubblicato su Megachip, di cui non esiste la versione PDF:
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Risposta alla mail di Walter Moretti sull”incontro regionale di Alternativa del 27 maggio a Pisa
Circolo PRC “A. Tognetti” – Pisa
Rileviamo una grave carenza culturale e di democrazia nelle assemblee di Alternativa, come abbiamo riscontrato il 27 maggio scorso a Pisa, nell”incontro conoscitivo aperto a quanti hanno sottoscritto l”appello di Giulietto Chiesa. Per questo rispondiamo alla mail scritta da Walter Moretti, nella quale non si riporta correttamente il dibattito che si è svolto, ma si fanno affermazioni gratuite e ingiuste.
Il Circolo PRC “A. Tognetti” promotore del convegno “A chi serve il terrorismo?” – al quale ha partecipato l”8 maggio a Pisa Giulietto Chiesa – ha deciso di incontrare Alternativa per valutare i possibili punti di contatto, utili per far nascere quella “specie di CLN per fronteggiare l”emergenza democratica e informativa” presente nella relazione del 17 aprile e affermato da Chiesa durante il convegno di Pisa, in risposta a una precisa domanda.
Durante l”incontro regionale del 27 maggio, gli appartenenti al Circolo Tognetti, dopo essersi presentati, hanno posto delle precise domande:
- Alternativa, a proposito della Costituzione, intende riprendere per intero i contenuti del 1948 per rilanciarla e attuarla, oppure intende difendere l”attuale Costituzione già modificata nel senso peggiorativo che ha aperto la porta al federalismo?
- Cosa si intende per riforma del sistema delle telecomunicazioni? E come si inquadra in questo contesto la nascita della nuova emittente di cui Alternativa si vuole dotare?
A queste domande non è stata data risposta, opponendo che si trattava di una riunione organizzativa e che non era possibile discutere i libri proposti e i documenti fino ad allora prodotti, non solo in quella sede, ma anche in futuro.
Allora ci chiediamo: sta sorgendo una nuova setta? che di alternativo quindi non ha proprio nulla?
I dubbi nascono già leggendo il documento del 17 aprile che è molto contraddittorio: dopo una prima affermazione di “non essere comunista, né socialista, né di sinistra” Alternativa afferma di voler difendere la Costituzione. Che, ricordiamo, è nata dai rapporti di forza espressi dal Pci (il Partito del proletariato) all”interno della Costituente. Rapporti di forza che hanno permesso di produrre l”unica “Costituzione sociale” al mondo, dove il lavoro prevale sulla proprietà . Cosa rilevata addirittura da Silvio Berlusconi, che l”ha giustamente definita “bolscevica”.
Estromettere dalla storia italiana il ruolo dei comunisti rientra in quel mainstream informativo, in quel fiume in piena in cui ormai nuotano tutti i media, i movimenti e i partiti italiani. Se si fa un minestrone degli avvenimenti, senza storicizzare i perché e i per come, si fa opera di disinformazione.
Qualche esempio per i più giovani: quando nel 1956 i comunisti con Togliatti fecero i primi passi per costruire la prima televisione proletaria a San Marino, furono bloccati da Taviani (capo della Gladio e all”epoca ministro della Difesa nel governo Segni) che minacciò l”invasione militare di quello Stato.
Nel 1969 il Pci propose la riforma del sistema delle telecomunicazioni, che al primo punto prevedeva l”abolizione della pubblicità . Un partito troppo avanti per i tempi? O troppo scomodo anche per mantenerne viva la memoria?
Sull”analisi della crisi l”impostazione del documento è catastrofista e neomalthusiana. Inoltre il Club di Roma, più volte richiamato, non è certo un insieme di soggetti democratici, ma un think tank di menti raffinatissime e al servizio dei maggiori poteri mondiali.
Ancora qualche esempio per i più giovani: uno dei fondatori del Club di Roma è stato Aurelio Peccei, dirigente Fiat, membro della Fondazione Agnelli, del Bilderberg Group, dell”I.I.S.A. – una Trilateral della “scienza” con sede a Vienna – membro dell”Istituto Affari Internazionali italiano, per trenta anni a capo del Consiglio Economico dell”Istituto Atlantico, una succursale civile della Nato, in veste di membro del Consiglio dei Governatori. Peccei è stato membro fondatore dell”Associazione Internazionale Islam e Occidente, costituita a Ginevra il 3 ottobre 1979 alla presenza del presidente del Consiglio Islamico mondiale.
Peccei è stato una delle menti più brillanti nel costruire quei paradigmi utili ai suoi padroni: Fiat-Agnelli, Fondazione Rockefeller, Volkswagen che lo riempirono di fondi illimitati e gli permisero con il tecnocrate Alexander King, allora direttore generale per gli affari scientifici dell”OCSE, di costruire un gruppo di lavoro presso il M.I.T., il System Dynamics Group, che attraverso l”impiego esteso e opinabile di modelli matematici elaborò nel marzo 1972 lo studio Limits to Growth (“I limiti della crescita” tradotto impropriamente come “I limiti dello sviluppo”). Il libro di Peccei “La Qualità Umana” divenne la base del pensiero dell”ala politica della NATO.
Che Peccei abbia fatto ricerche libere e indipendenti dagli interessi economici e politici dei suoi committenti è un”ingenuità come sostenere che la scienza e gli scienziati siano entità neutrali.
Il modo di affrontare le tematiche ambientali, non è neutrale, ma risente della collocazione sociale di chi muove la critica. È interessante leggere l”articolo di Thierry Meyssan “L”ecologia di guerra (1970-1982)” che ricostruisce i primi passi “dell”ambientalismo” spinto dalla Fondazione Rockefeller, promotrice del Club di Roma: «L”ONU organizza a Stoccolma, nel 1972, la sua prima conferenza sull”ambiente umano, anche conosciuta come il “primo vertice della Terra”. La segreteria generale della conferenza, responsabile dei lavori preparatori, è affidata al canadese Maurice Strong. Questo alto funzionario dirigeva l”Agenzia Canadese dello Sviluppo Internazionale, amministrazione sorella della USAID e come essa fungente da paravento alla CIA. Essendo, per altro, Strong amministratore della Rockfeller Foundation, le ordina il documento preparatorio della conferenza “Only One Earth. The care and maintenance of a small planet” (“Una sola Terra. La cura e la preservazione di un piccolo pianeta”), redatto dall”economista britannica Barbara Ward e il biologo franco-statunitense René Dubos. È chiaro che le risorse del pianeta sono insufficienti affinché l”umanità intera possa beneficiare dello stesso sviluppo economico. Occorre prendere delle misure preventive.
Benché il tema non vada ancora di moda, 113 Stati partecipano al vertice. Solo due capi di governo fanno la trasferta: Olof Palme (primo ministro del paese ospite) e Indira Ghandi (India), entrambi feroci avversari della politica imperiale degli Stati Uniti e della Guerra del Vietnam. Invece di seguire la direzione prevista, essi, dalla constatazione della Rockfeller Foundation, tirano delle conclusioni opposte a quelle dei relatori. Affermano che se le risorse naturali non permettono di estendere il livello di sviluppo occidentale in tutto il mondo, non è che lo sviluppo per tutti sia impossibile, ma che il modello occidentale è inadatto e deve essere condannato».
Due capi di Stato decisamente in controtendenza, scomodi per il potere: Indira Gandhi viene assassinata nell”ottobre 1984. Pochi mesi dopo la morte di Enrico Berlinguer, che proprio in quell”anno aveva incontrato per la seconda volta Olof Palme, per un progetto politico comune. Palme viene ucciso nel 1986, da un killer professionista.
Alternativa per come si presenta si sta avviando ad arricchire la molto nutrita schiera di partiti anticomunisti che già esiste in Italia (Pd compreso), che usano l”anticomunismo per costruire movimenti simili a quelli pre-fascisti del periodo 1915-1919 che spostano ulteriormente a destra la cultura della nostra popolazione tentando d”impedire, durante la crisi del sistema capitalistico, la riorganizzazione politica e sociale del proletariato.
Ma in Alternativa abbiamo sentito che “i proletari non esistono più e che i cinesi provocheranno la scomparsa della foresta amazzonica perché vogliono pulirsi il culo con la carta igienica”.
Se questo è il livello dell”Alternativa meglio il vecchio Marx.
Circolo PRC “A. Tognetti” – Pisa
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Incontro “surreale” a Pisa (lettera di Andrea Montella con risposta di Giulietto Chiesa)
di Andrea Montella.
Noi del Circolo PRC A. Tognetti ci abbiamo provato a trovare un minimo denominatore comune. Ma la confusione ideologica e culturale in questo gruppo eterogeneo di Alternativa di Pisa è così grande che mi ricordano gli attuali dirigenti di tutti i partiti di sinistra, Rifondazione compresa.
Poi vorrei fare una precisazione di carattere storico: i comunisti non sono una formazione di sinistra. Si intende per sinistra la formazione più radicale del movimento liberale che in seguito si è estesa alle formazioni repubblicane, socialiste che nei fatti non propongono, nei loro programmi la costruzione di una società di eguali, senza classi, di produttori e non di esseri umani mercificati. In un sistema comunista non esiste il lavoro salariato.
Per questo i comunisti non rientrano in questo schema politico.
Sentirsi scaricare continuamente addosso le fesserie della propaganda padronale che ha fatto del movimento comunista un unico calderone non ci sembra un metodo corretto per capire la realtà dei fatti e della storia.
Noi come Circolo di Rifondazione siamo un”anomalia in quanto giudichiamo anche la nostra formazione politica non comunista. Ma per affermare ciò usiamo uno strumento di analisi, che sino ad ora si è dimostrato di gran lunga il migliore: il materialismo storico. Che non è una religione ma un metodo di lavoro per capire la società capitalistica e l”agire sociale e politico degli uomini che ci vivono dentro.
Con quel metodo abbiamo analizzato teorie e prassi anche degli ex Paesi dell”Est che impropriamente vengono definiti comunisti. Ma che nei loro rapporti sociali e di produzione erano Paesi a capitalismo di stato.
Non esisteva il lavoro salariato in quei Paesi? E allora perché continuare a definirli comunisti?
In quei Paesi c”era una forma particolare di capitalismo tanto caro a tutti i socialdemocratici, quello di stato.
Che già Engels aveva aspramente criticato nella polemica con il socialdemocratico Dühring.
Quindi le accuse al comunismo in una fase di crisi globale del capitalismo diventano una cosa ridicola in quanto il comunismo non è mai esistito su questo pianeta ed è tutto da costruire. Mentre dovremmo grazie alla crisi dell”unico sistema esistente, il capitalismo, costruire la società di eguali che può comunque nascere solo dall”abolizione del lavoro salariato e quindi dei rapporti di proprietà esistenti.
Il livello della confusione ti parrà evidente leggendo la mail di Walter Moretti.
Con affetto
Andrea Montella
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La risposta di Giulietto Chiesa
Caro Andrea e cari tutti che leggete questa mia risposta, a cominciare dai militanti della Centuria di Alternativa,
Dico subito che la situazione non mi stupisce. Era prevedibile. E dobbiamo sapere che si riprodurrà in molte parti del nostro paese e anche al di fuori del nostro paese.
I frammenti della galassia della sinistra continuano a ruotare nel macrocosmo della politica, anche se si tratta di asteroidi che, al massimo, potranno lasciare una traccia incandescente cadendo in qualche atmosfera. Lo dico senza disprezzo, ma anche senza malinconia.
I resoconti della riunione, sia questo, sia quello che mi è giunto da Walter Moretti (che condivido nella lettera e nello spirito), sia la risposta “ufficiale” del circolo Tognetti di Rifondazione Comunista, convergono tutti su un punto: la riunione è stata non “surreale”, come la definisce Andrea Montella, ma un disastro. Leggete il tutto e potrete sincerarvene.
Agli amici del Circolo Tognetti vorrei solo far rilevare che essa dimostra, in primo luogo a loro – in quanto convinti assertori della superiorità del loro approccio – quanto inadeguato, direi proprio catastroficamente sbagliato, sia il loro modo di procedere.
Con quegli argomenti, con quella sicurezza tutta da dimostrare, ci si isola. Non solo non si possono fare proseliti, coinvolgere, convincere: si rimane soli. Magari con le proprie certezze. Ma soli. Il che, a marxisti che si ritengono ortodossi, dovrebbe come minimo far sorgere qualche domanda.
Del resto lo stato dei comunisti in Italia è lì a dimostrare che, con quei discorsi, con quella logica, si parla ormai a una infima, inessenziale, minoranza della popolazione. E a quasi nessuno delle nuove generazioni.
Montella si stupisce della «eterogeneità » dei membri di Alternativa.
Ma questa è la nostra ricchezza attuale! Proprio di aria nuova c”era e c”è bisogno. Del resto, come potremmo essere compatti e solidi come il diamante in queste condizioni, alle quali la sinistra ci ha condotto?
Ovvio che ci chiariremo le idee, tutti insieme, definiremo i binari su cui far camminare il nostro treno. Ma lo faremo tutti insieme, perché non chiederemo a nessuno di sdraiarsi su idee precostituite.
Montella, per altro, offre delle davvero sorprendenti affermazioni: una delle quali è che «i comunisti non sono una formazione di sinistra». Novità senza dubbio importante e da esaminare. Sfortunatamente questo lo pensa solo Andrea Montella e sarà cosa di enorme impegno, per i prossimi decenni, far cambiare idea a 60 milioni di italiani e a sei miliardi di abitanti del pianeta.
Il punto è proprio qui. Ed è la mia domanda: ma davvero pensate, amici del circolo Tognetti, che si debba partire da queste discussioni sul sesso degli angeli, per rimettere in sesto le sorti della libertà e della democrazia in Italia? Tutto il resto della lettera di Montella parla di cose, sicuramente interessanti, di cui nessuno in Italia, specie tra i giovani, sa niente.
Roba da seminari tra studiosi, dispute accademiche.
E” la scelta preliminare, discriminante, del “materialismo storico” quella su cui dobbiamo accapigliarci in questa fase? Secondo voi è da questi porti che dobbiamo salpare le ancore?
Alternativa non lo crede.
Io ho detto (e Walter Moretti ripete) che noi non chiediamo abiure a nessuno. Ciascuno ha la sua storia e ha diritto di tenersela ben cara. la sua storia e il suo metodo di analisi. Ma non occorre che cerchi di imporla agli altri, perché altrimenti non può esserci rapporto alcuno. Credete in un programma comunista? Fate bene. Pensate che questo programma possa, in qualche modo, entrare in relazione con le chiarissime intenzioni di Alternativa? Ne saremmo lieti, perché significa che potremmo camminare insieme per un tratto di strada. E se poi avrete la capacità egemonica di convincerci tutti, del vostro programma, potremo decidere di farlo nostro. Non prima però di averci dimostrato che avete ragione voi. Ed è francamente troppo poco quello che sapete e valete per poter pretendere, prima ancora di partire, di essere egemonici. Così potete solo spaccare e non costruire. E infatti avete cominciato spaccando. Con mio grande dispiacere.
Gramsci avrebbe commentato che questo è il contrario esatto dell”egemonia.
Per quanto concerne le domande di merito e alcune considerazioni contenute nella lettera del circolo Tognetti, le risposte sono abbastanza semplici e nemmeno troppo impegnative.
Quale Costituzione intendiamo difendere? Quella originaria naturalmente, nella lettera e nello spirito, non quelle rovine attuali che ci derivano dal disastro di questi decenni e che sono state fatte con l”apporto e il contributo dei partiti comunisti e degli eredi del PCI. E suona un po” strano che un circolo di Rifondazione Comunista (per quanto critico con il proprio partito) chieda a noi a quale Costituzione vogliamo essere fedeli.
La seconda domanda presuppone la non conoscenza dei punti di partenza da cui muove Alternativa in tema di rottura (non modifica, non “riforma” ) dell”attuale “fabbrica dei sogni e delle menzogne”.
Nel manifesto fondativo di Alternativa ho chiesto agli aderenti di studiare. Ho offerto perfino una piccola bibliografia. Studiate, ragazzi, perché avete molto da imparare in questo campo. Voi, insieme a tutta la sinistra mondiale (siete in ottima compagnia).
Infine – ma tocco solo questo punto perché indica un”aggressività , da parte vostra, degna di altri scopi – ma dove mai avete visto, colto, l”idea, il subdolo progetto, di «estromettere il PCI dalla storia italiana»?
Nella foga polemica avete costruito un altro mulino a vento, con il quale potrete certo combattere e vincere. Ma il campo della lotta mi pare stia altrove.
Ciò detto, in amicizia, per me la discussione può continuare. Purché non ci sia chi arriva con ultimatum, con i carriaggi messi davanti ai buoi. È il metodo che non va bene. Alternativa è una cosa inedita per tutti, anche per voi. Provateci se ne siete capaci. Noi ci stiamo provando.
Cordiali saluti a tutti,
Giulietto Chiesa
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Altro che neomalthusiani
di Pino Cabras.
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Condivido la critica di Walter Moretti e Giulietto Chiesa alle discussioni che ormeggiano in un fondale di analisi politica troppo chiuso, identitario, incomunicabile, per giunta con la pretesa di avere strumenti di interpretazione più esatti e scientifici rispetto ai nemici.
Sono abbastanza rivelatori gli aggettivi “neomalthusiano” e “catastrofista” con cui il circolo Tognetti liquida l”esame della crisi avviato da Alternativa.
Siccome nella letteratura della crisi citiamo come fonte degna di nota il Club di Roma, nasce nel commento un riflesso difensivo, una diffidenza radicale verso i poteri forti che hanno creato il milieu del Club, un pensatoio che negli anni settanta per primo ha lanciato un allarme globale sulle risorse.
Il punto è che ascoltare e citare non significa sposare le tesi e le motivazioni di chi viene citato. Significa però tener conto di problemi che solleva e che non tutti sanno analizzare, a destra e a sinistra, con un esiziale deficit di comprensione della fase storica attuale. E oggi il livello di analisi deve tener conto di pericolosissimi limiti che la nostra specie ha oltrepassato nel brevissimo periodo dei due secoli dopo la Rivoluzione industriale: un tempo esplosivo, anomalo, sottile rispetto alla durata della presenza della specie sul Pianeta.
Quando scorgiamo la longa manus dei Padroni del mondo dobbiamo giustamente diffidarne, ma l”analisi dei limiti della crescita è una questione vera che dovrebbe interrogare a fondo anche chi – come noi – a questi padroni si oppone.
O vogliamo negare che viviamo da troppo tempo in “overshooting“, ossia al di sopra dei nostri mezzi naturali, perché da decenni ormai è saltata l”equazione fra il consumo umano di risorse naturali e la capacità della Terra di rigenerarle?
Sullo sfondo il paese più in overshooting, gli Stati Uniti, e il paese più in crescita, la popolosissima Cina, sembrano pronti a una lotta finale per le risorse.
In questo contesto la preoccupazione per uno scontro apocalittico non riguarda solo noi “senzapotere”. C”è una riflessione e un”autocritica sulle illusioni della “crescita indefinita” anche in seno alle classi dirigenti, perché la minaccia è concreta e tocca il destino di tutti. Quelle riflessioni ci riguardano e dobbiamo cercare di capirne la portata.
Se nel Superclan che egemonizza il globo esiste anche chi ha questa coscienza di specie, non dobbiamo dispiacercene. Il dramma è che la maggior parte dei dominanti sta solo pensando a salvarsi per continuare un modello di vita suicida.
Se con i più avveduti ci saranno in futuro delle convergenze, trovo che ciò sia politicamente sensato. Agli amici che citano con tanta simpatia i bolscevichi, vorrei ricordare sommessamente quanto fu forte alla vigilia della Rivoluzione – durante la catastrofe della prima guerra mondiale – la loro convergenza con il capitalismo tedesco. Si chiama: politica.
Per sgombrare il campo da equivoci, io non provo nessun fascino per le versioni contemporanee delle vecchissime teorie malthusiane. Credo pur sempre che il problema non sia “la numerosità dei poveri”, ma “la povertà dei numerosi”. Credo cioè che il rapporto fra l”uomo e le risorse naturali debba tornare in equilibrio grazie ad assetti sociali più equi e comportamenti economici non dissipatori, lungo un percorso plurigenerazionale. Da iniziare però adesso, in assoluta emergenza. Perché alcune scelte riguardano comunque da subito la nostra generazione, la prima che «non può permettersi il lusso di sbagliare» (come disse quel “catastrofista” di Olof Palme, tanto caro agli amici del circolo Tognetti), e che deve immaginare un futuro sostenibile, in cui aumenti il tasso di razionalità dei comportamenti umani.
Leggere con attenzione “The Limits of Growth” o le sue versioni più recenti, ricche di dati utili e ben argomentati, non fa di noi dei pazzi che intendano risolvere tutto con una drastica riduzione della popolazione mondiale. Va tutto letto con autonomia di giudizio e senso critico, come sempre.
Tutti siamo preoccupati da una cosa. Cosa intendono certi personaggi delle élites planetarie quando parlano di New World Order? Quale declinazione vogliono dare al concetto? Quale sfida di trasformazione e conservazione vuole rappresentare? La preoccupazione la sento con forza anch”io, ma voglio anche chiedermi se contiene un problema reale, che esiste, che debba avere risposte.
La sfida tocca tutti noi, che dobbiamo chiederci se dobbiamo ragionare in termini di specie. La Grande Crisi di oggi, che poi è la crisi della modernità , ci porta a cercare di definire i termini di un patto sociale fondativo della comunità mondiale. Una costituzione avanzata nasce all”interno di patti che rappresentano punti di vista spesso distanti fra loro: questo vale per la nostra Carta a livello nazionale, ma lo varrà a maggior ragione per un patto costituzionale, chiamiamolo così, a livello globale.
C”è stata una lunga “preistoria” di chiusure fra civiltà , fra isole culturali. La paura del diverso era un meccanismo difensivo che cementava le tribù. Questa “preistoria” è finita. Attenzione, è l”esatto contrario della “fine della Storia” dei teorici correnti del New World Order. Anche l”ostilità verso altri gruppi aveva un senso finché non c”erano le strutture di unificazione del pianeta. Ora le minacce alla sopravvivenza dell”umanità unificano il destino di tutti. L”umanità passa dalla fase della “ominazione” alla fase della “planetarizzazione”.
Possiamo vedere nel deperimento degli Stati e nella crescita del diritto cosmopolitico un elemento connaturato alle leggi evolutive della specie umana, quelle stesse leggi che hanno portato dalla tribù alla città , dalla città allo Stato-nazione. L”unificazione dell”Ecumene sta comunque facendo nascere un senso di appartenenza a una comunità sopranazionale.
Non deve stupire se molti soggetti si attrezzano a produrre perciò dei progetti politici planetari, che fanno riferimento a una «comunità mondiale».
Mica scemi, coloro che hanno investito su Obama, in chiave – certo – di conservazione.
Come leggere le spinte in atto verso la formazione della comunità mondiale?
Ci sono tuttora di aiuto due vecchie categorie del giusnaturalismo: il “pactum unionis” e il “pactum subiectionis“.
La prima spinta è identificata nella prospettiva del pacifismo antropologico, il cui orizzonte è una società coesa da rapporti di spontanea reciprocità e dall”opzione preferenziale per la nonviolenza. Quando Obama è frutto di Martin Luther King.
La seconda spinta sta nella prospettiva del realismo politico, orientato a estendere al pianeta il processo di unificazione che aveva riposto nello Stato il monopolio della forza. Quando Obama frequenta Brzezinski.
La grande novità  del momento è che questa dialettica sarà più complessa della partita che si gioca intorno al potere americano. Il mondo è già multipolare. E un ruolo fondamentale sarà giocato dalla comunicazione in tutte le sue reti.
Più ingombrante sarà il “pactum unionis“, tanto più sarà ridotta la spinta del “pactum subiectionis“.
Sono problemi inediti che richiedono una politica altrettanto inedita.
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