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'Apple e le tasse, il capitalismo e la sua ''Comunità'''

Le imposte non pagate, la lettera di Tim Cook alla “comunità Apple” e il discorso all’ONU di Salvador Allende. Alcuni elementi per collocare la vicenda [Turi Comito]

'Apple e le tasse, il capitalismo e la sua ''Comunità'''
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2 Settembre 2016 - 19.32


ATF

di
Turi Comito
.

Non entro nel merito della questione Commissione europea/Apple circa i
mancati versamenti di imposte all”Irlanda perché è una questione tecnica
abbastanza complicata e lunga. Voglio però attirare l”attenzione su un paio di
questioni che ritengo interessanti dal punto di vista politico e sociologico.

Il presidente di Apple, Tim Cook – un brillante ragioniere che
da quando è morto il guru Steve Jobs ha sfornato prodotti brillanti quanto lui
in termini di innovazione (es.: l”orologino/gadget contabattiti cardiaci noto a
lui e qualche suo amico come iWatch e ha allargato lo schermo dei primi
striminziti iPhone che hanno prodotto più ipovedenti che l”onanismo maniacale)
– ha scritto
una lettera di risposta alle accuse di
evasione/elusione
della Commissione che è
rappresentativa dello stato dell”arte dell”ideologia capitalistico-consumista
dominante per generale consenso dei destinatari della stessa ideologia (la
quasi totalità degli abitanti del pianeta).

La lettera infatti non si rivolge né alla
Commissione, né ai media, né agli azionisti di Apple. Si rivolge alla “Comunità Apple in Europa”.

Infatti, nella visione ideologica
capitalistico-consumistica del ragionier Cook chi compra un pc Mac o un iPhone
o un iPad non è un cliente cui hanno rifilato un prodotto con un sistema
operativo vecchio di 40 anni opportunamente modificato con frizzi e lazzi (l”OS
X, come sa qualcuno, è basato sul microkernel BSD e su piattaforma UNIX),
progettato negli USA, realizzato in qualche falansterio industriale cinese e
smerciato in Europa da società fantasma. Nossignore. Chi compra un prodotto
Apple diviene automaticamente membro della prestigiosa “comunità“
omonima.

Una comunità fatta, secondo il ragionier
Cook e molti convinti membri della “comunità” stessa, da individui
dotati di straordinario talento, innovatori, simpaticissimi, pieni di
entusiasmo e amanti del bello e del futuro ancora più bello del bello.

Il che cozza con la realtà dei fatti, a
dire il vero, visto che tutti siamo circondati da “comunitari” Apple
nei quali ritroviamo, immancabilmente, il massimo grado di talento, innovazione
e amore per il bello quando sfornano selfie col bastone apposito in mano. Come
un qualunque altro cliente Samsung o Asus o vattelapesca, cioè.

Ciononostante Cook considera il suo cliente
un membro della sua “comunità“, anche se non lo conosce (è
sufficiente che gli dia i soldi per comprarsi quello che vende per ritenerlo
tale).

Soprattutto, i membri della comunità (cioè
quelli che hanno in tasca un prodotto Apple) si sentono davvero membri di una
élite, di una “famiglia”. Fanno le file per giorni davanti gli Apple
Store di mezzo mondo per accaparrarsi per primi l”ultima trovata dei talentuosi
progettisti di Cupertino. Quando sono costretti ad usare un Pc o un telefonino
con un sistema operativo diverso dal Mac OS cominciano a sudare freddo (non si
sa se per il disprezzo verso il prodotto informatico che hanno davanti o per
l”incapacità di capire da dove si accende). Sfoggiano in pubblico il loro
manufatto come fosse una delle tavole della legge mosaica, estraendolo dalla
tasca con ampio gesto del braccio e cercando la luce giusta per farlo brillare
tipo “un diamante è per sempre”. E raccontano al mondo la
“facilità” d”uso del prodotto salvo poi non inviare mail con allegato
perché non sanno come allegare l”allegato.

In ogni caso: che tu sia un membro della
suburra urbana cresciuto a pane e canzoni neomelodiche napoletane o un manager
di multinazionale di armi plurilaureato in università anglosassoni, non conta
nulla. Tu sei un membro della “comunità” Apple. Cui il ragionier Cook
si rivolge direttamente guardandoti negli occhi e dicendoti che la prima
vittima di una eventuale multa sei tu. Perché o ti licenzia nel caso lavori in
una delle sue imprese oppure, nella maggior parte dei casi, quella cosa che hai
in mano non avrà più aggiornamenti (terrore: perché il vero membro della
Comunità Apple non può non essere updatato
periodicamente) e la prossima cazzata, se lo vorrai comprare, la pagherai il
triplo del già mutuabile costo di quella che hai in mano.

La seconda cosa interessante della vicenda
e della lettera di Apple ai comunitaristi è il fatto che l”Irlanda, cioè il
paese che secondo la Commissione dovrebbe beneficiare del “rimborso”
imposte non pagate pari a circa 13 miliardi di euro, sta dalla parte di Apple:
non vuole i soldi e vuole invece fare ricorso contro la decisione della
Commissione.

In effetti l”Irlanda, uno dei tanti paesi
che campano favorendo multinazionali in tutti i modi, è terrorizzata dal fatto
che Apple se ne vada lasciando vuoti i capannoni dove arriva la merce cinese
venduta col marchio della mela morsicata e a casa quei 5000 impiegati che
producono, secondo il ragionier Cook, innovazione e benessere mondiali.

E ha ragione a fare così, l”Irlanda. Perché
è uno scenario del tutto possibile. E sarebbe una mezza catastrofe in un paese
che non si è mai davvero risollevato dalla colonizzazione inglese.

Ma la questione è significativa perché dà
la realistica visione di come siamo combinati su questo pianeta. E cioè: siamo
combinati che le multinazionali decidono non solo degli operai/impiegati che
tengono in pugno con contratti alla Jobs Act,
ma decidono le decisioni degli Stati. Sollecitano,suggeriscono, ricattano,
impongono in un crescendo che mette con le spalle al muro chiunque pensi, anche
per sbaglio, di non ottemperare ai desiderata dei nuovi re del mondo: gli
amministratori delegati delle multinazionali. Sovrani “innovatori” e
illuminati che rispondono di quello che fanno e sfanno solo ed esclusivamente
al loro consiglio di amministrazione e ne rispondono solo in termini molto
semplici: quanto hanno fatto guadagnare agli azionisti. E basta.

È l”epoca del trionfo dell”interesse
privato su quello pubblico. Del decisionismo politico di qualche ragioniere
plurilaureato in Master Business Administration sul controllo democratico. Del
capitalismo predatorio e ricattatore sull”interventismo economico statale. Del
dominio del PIL su qualunque altro indicatore di benessere sociale. È l”epoca
del dominio totalitario di una piccola minoranza di autocrati multimiliardari
sulla politica e sulle decisioni democratiche partecipate.

È l”epoca che più di quaranta anni fa, alla
vigilia del suo assassinio da parte di una fognatura umana chiamata Pinochet,
Allende descriveva così: «Le grandi imprese multinazionali non solo attentano
agli interessi dei Paesi in via di sviluppo ma la loro azione incontrollata e
dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede.»

La situazione è questa.

Decidono loro cosa sia innovazione, cosa
debbano o non debbano fare gli Stati, cosa sia giusto e ingiusto, e inoltre distribuiscono,
come i vecchi re assolutisti nell”«ancien régime», punizioni e premi a seconda
di come, Stati e cittadini, si comportino nei loro confronti.

La differenza, totale, tra l”«ancien régime»
e il «nouveau régime» sta nel fatto che il secondo non lo contestano che
piccole minoranze di “radicali” perché tutto il resto della
popolazione (che siano semplici cittadini o politici di lungo corso) considera
il sistema bello e giusto.

E si sente privilegiato di appartenere alla
comunità Apple o a quella Facebook o a quella Mac Donald”s o a tutte queste
assieme, anche se ne difende solo una.

Perché Apple non è un caso a parte
patologico per quanto sia. Non è diversa da FB, da Microsoft da FCA auto o da
Google. Piuttosto è la regola.

E chi difende Apple, difende la regola e il
supporto ideologico che la sostiene: il capitalismo consumista e la sua
vocazione al totalitarismo.

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