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Quale stato di grazia?

Una nuova ricerca suggerisce che non sia mai esistito uno stato di grazia. Per la fauna del pianeta siamo sempre stati un disastro. [George Monbiot]

Quale stato di grazia?
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24 Maggio 2014 - 16.14


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di George Monbiot

Vuoi sapere chi siamo? Davvero? Credi di volerlo ma ti dispiacerà. Se hai una qualsiasi forma d’amore per il mondo, questo articolo ti inietterà un veleno, una tristezza che urta l’anima senza un ovvio antidoto.

L’antropocene, termine oggi in voga tra gli scienziati, è l’epoca in cui viviamo: quella dominata dagli impatti umani sul mondo vivente. Gran parte di essi datano [il suo avvio] con l’inizio della rivoluzione industriale. Ma potrebbe essere iniziato molto tempo prima, con una follia omicida iniziata due milioni di anni fa. Ciò che avvenne nelle savane africane fu dall’inizio morte: la distruzione dei mondi.

Prima dell’[url”Homo erectus”]http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_erectus[/url], forse il nostro primo antenato riconosciuto e emerso in Africa, il continente abbondava di mostri. C’erano numerose specie di elefanti. C’erano [url”smilodon”]http://it.wikipedia.org/wiki/Smilodon[/url] e altre [url”tigri dai denti a sciabola”]http://it.wikipedia.org/wiki/Tigri_dai_denti_a_sciabola[/url], iene giganti e creature come quelle di Hunger Games: anficionidi (o cani orso), grandi predatori con zanne enormi.

Il prof Blaire van Valkenburgh ha sviluppato un metodo per determinare in modo approssimativo quanti di questi animali siano realmente esistiti. Quando ci sono pochi predatori e abbondanza di prede, i predatori mangiano solo le parti migliori delle carcasse. Quando la competizione si fa intensa, essi mangiano di tutto, ossa incluse. Più ossa mangiano i carnivori più è probabile che i loro denti vengano logorati o si rompano. I danni ai denti dei carnivori erano di gran lunga più seri nell’era precedente la comparsa dell’uomo.

Non solo c’era una vasta gamma di predatori, incluse specie molto più grandi di quelle di oggi, ma [questi predatori] appaiono essere molto più numerosi e disperati. Ci siamo evoluti in un mondo terribile e meraviglioso, che per noi non era un problema.

L’uomo eretto aveva alcune caratteristiche che lo resero invincibile: l’intelligenza, la cooperazione e la capacità di passare a quasi ogni tipo di cibo nei tempi duri e un braccio adatto ai lanci che gli consentiva di fare qualcosa che nessun’altra specie era riuscita a fare, lottare a distanza (la crescita della distanza da cui combattiamo è sia uno standard che un fattore determinante della storia umana). Può aver spinto predatori giganti lontano dalle loro prede e infastidito mostruosi erbivori fino a portarli all’esasperazione e alla morte.

Come mostrano i paleontologi Lars Werdelin e Margaret Lewis, la sparizione di gran parte della fauna africana sembra che coincida con il passaggio a un’alimentazione basata sulla carne da parte degli antenati umani. La grande estensione e lo strano modo in cui avvenne l’estinzione (essa si concentrò sugli enormi animali specializzati che stavano in cima alla catena alimentare) non è facile da spiegare in altri modi.

Nella Oxford megafauna conference della settimana scorsa, ho sentito come molti degli scienziati più importanti del mondo in questo campo hanno tracciato una nuova idea dell’impatto umano sul pianeta. Ovunque noi siamo stati, il genere umano ha cancellato un mondo meraviglioso, cambiando il modo di funzionamento della biosfera. Per esempio, l’uomo moderno arrivò in Australia e in Europa più o meno nello stesso periodo – tra 40 e 50mila anni fa – con conseguenze simili. In Europa, dove gli animali avevano imparato ad aver paura della precedente versione dello scimmione bipede, l’estinzione fu graduale. In 10 o 15mila anni il continente aveva perso i suoi mammut, i rinoceronti forestali, gli ippopotami, le iene e le mostruose tigri dai denti a sciabola.

In Australia, dove nessun ominide aveva messo piede prima dell’arrivo dell’uomo moderno, il collasso fu istantaneo. Il [url”vombato”]http://it.wikipedia.org/wiki/Vombato[/url] grande come un rinoceronte, il canguro alto tre metri, il leone marsupiale, il varano più grande di un coccodrillo del Nilo, il gigantesco tapiro marsupiale, e la tartaruga con le corna grande quasi una macchina, scomparirono, in termini ecologici, nell’arco di una notte.

Alcuni mesi fa, un noto giornale ha dichiarato che le bestie enormi dell’America – i mammut e i mastodonti, bradipi giganti, leoni e tigri dai denti a sciabola, castori alti due metri, un uccello con un’apertura alare di 8 metri- non possono essere stati sterminati dagli umani, perché l’evidenza fossile della loro estinzione precede marginalmente le evidenze dell’arrivo dell’uomo.

Non ho mai visto distruggere un giornale così elegantemente e con fermezza come è avvenuto alla conferenza della settimana scorsa. L’archeologo Todd Surovell ha mostrato che la discordanza è proprio il risultato di ciò che ci si potrebbe aspettare se gli uomini ne fossero i responsabili. La distruzione di massa è facile da rilevare nella documentazione fossile: in uno strato le ossa erano ovunque, nel secondo non ce n’erano. Ma le persone che vivevano in condizioni disagiate con strumenti tecnologici base non lasciano quasi nessuna traccia.

Il tasso di crescita dell’uomo e quello di morte, ti aspetteresti ad un primo impatto che l’insediamento (circa 14mila anni fa), le enormi bestie siano sopravissute solo 1000 anni. Il suo lavoro dimostra che l’indicatore più affidabile dell’arrivo degli uomini nella documentazione fossile rappresenta un’onda di grande estinzione dei mammiferi.

Queste specie non erano soltanto degli ornamenti del mondo naturale. Il nuovo lavoro presentato alla conferenza afferma che esse contribuivano a modificare l’ecosistema. In Inghilterra, durante l’ultimo periodo glaciale gli elefanti, i rinoceronti e altre grosse bestie mantenevano un mosaico di differenti habitat: “un mix tra una foresta a forma di calotta (grazie all’intreccio di tre alberi), foresta a cielo aperto, radura e terreno erboso. In Australia, l’abbondante vegetazione seguita dalla mancanza di grandi erbivori ha causato una catasta di foglie secche che è diventata la pira della foresta pluviale: gli incendi (naturali o appiccati dall’uomo) hanno subito trasformato questi posti lussureggianti in macchie boschi fere e aride foreste.

Nel Rio delle Amazzoni e in altre regioni, i grandi erbivori spostavano sostanze nutrienti dai terreni ricchi a quelli più poveri, alterando radicalmente la crescita delle piante. Un documento molto discusso afferma che lo sradicamento dei mostri delle Americhe causò un rapido calo del metano atmosferico (generato nei loro stomaci) che potrebbe aver scatenato la piccola era glaciale che iniziò circa 12800 anni fa, detta [url”Dryas recente”]http://it.wikipedia.org/wiki/Dryas_recente[/url].

E non ci siamo ancora fermati. Dall’anno 2000 il bracconaggio ha ridotto del 60% la popolazione di elefanti nelle foreste africane. La gamma di elefanti asiatici – che una volta vivevano tra la Turchia e le coste della Cina – si è contratta del 97%, la gamma dei rinoceronti asiatici si è ridotta del 99% . Gli elefanti distribuiscono i semi di centinaia di specie arboree della foresta pluviale; senza di loro questi alberi sono funzionalmente estinti.

È questo quello che siamo? Un mostriciattolo che non può lasciare nessuna porta chiusa, nessun nascondiglio intatto, che adesso sta facendo ai grandi animali marini ciò che facemmo molti anni fa agli animali della terra?

Oppure ci possiamo fermare? Possiamo usare il nostro ingegno, che per due milioni di anni si è rivolto con inventiva alla distruzione, per sfidare la nostra storia evolutiva?

(24 maggio 2014)

Fonte: [url”www.theguardian.com”]www.theguardian.com[/url]

[url”Link articolo”]http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/mar/24/humans-diminutive-monster-destruction[/url].

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