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Fare la Terza Repubblica

Il ruolo storico del Movimento 5 Stelle è stato quello di porre fine alla Seconda Repubblica. Adesso Luigi Di Maio deve cristallizzare il risultato e dare il via ad un nuovo corso politico. [G. Maruotti]

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28 Marzo 2018 - 10.52


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di Giorgio Maruotti

Il 4 Marzo 2018 gli italiani hanno eletto il Parlamento più antisistemico della storia Repubblicana. Sul significato di questa “antisistematicità” non si è posta ancora troppa attenzione, in particolar modo mediatica. Gli intellettuali continuano dal canto loro a sonnecchiare.

Ogni alleanza in vista di un governo dalla lunga durata, tra le prospettive delineate, sarebbe deleteria. Inutile è per Luigi Di Maio cercare un appoggio (che non arriverà) dal Partito Democratico, con il quale non vi sono punti di contatto e che porterebbe ad un ridimensionamento del primo e ad un annullamento del secondo. Cercare l’appoggio della Lega nel lungo periodo risulterebbe logorante, non fattibile ed in ultima analisi, non desiderabile. Luigi di Maio non ha le mire di Salvini, e Salvini non ha le mire del centrodestra berlusconiano. Inutile inserirsi in un tale vespaio.

Di Maio ha il merito degli stolti con lode, e cioè di aver capito l’evidenza: è nata la terza Repubblica. O meglio, se ne è formato l’embrione. Gli assetti e le ideologie sono mutate, I concetti di destra e sinistra stanno evolvendo in forme nuove e forse imprevedibili. Il Movimento 5 Stelle è il simbolo del nulla politico dal quale nascerà il nuovo che per nascere necessitava dell’annientamento del vecchio sistema politico.

Il risultato è stato raggiunto nella teoria, ma deve essere istituzionalizzato nella prassi da uno strumento tecnico quale la legge elettorale.

Le leggi elettorali non hanno ideologia, e si rapportano alla situazione politica nella quale si calano. Il proporzionale e il tempo a cui era legato è finito. Il modo più adatto per chiudere con la Seconda Repubblica è raccoglierne il frutto più maturo, o forse l’unico frutto raccoglibile: l’idea di una democrazia dalla chiara maggioranza e dalla chiara opposizione che si alternano democraticamente.

Perché tale progetto sia fallito nella Seconda Repubblica non è il tema del presente articolo. Se Luigi Di Maio vuole un accordo, lo faccia esclusivamente per scrivere una legge elettorale fortemente maggioritaria in favore di un singolo soggetto politico, e chiedere subito dopo agli italiani, “a chi il Paese?”.

La risposta a tale domanda sarà indifferente, ma solo il fatto che una tale risposta vi sarà, chiara ed inequivocabile, costituirà il segno che una Rivoluzione democratica è avvenuta, ed è diventata Istituzione.

In fin dei conti si tratterà solamente di porre le condizioni per un nuovo corso politico.

(27 marzo 2018)

 

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